giovedì 17 aprile 2014

Max Thursday, un tipo difficile





Anche chi conosce ogni mossa dell'amaro Marlowe e del lesto Spade, spesso non sa granché di Max Thursday, ed è un peccato, perché il magro (ma con le spalle larghe, come viene puntualizzato quasi ad ogni inizio di racconto) investigatore privato, ficca il suo naso aquilino in storie molto intriganti, ben congegnate e con un'atmosfera, come vedremo, tutta particolare.
Max nasce dalle penne incrociate di due giallisti, Robert Wade e William (Bill) Miller, entrambi nati nel '20 del secolo scorso, che adottano il nom de plume di Wade Miller. Robert ha combattuto nella Seconda Guerra, ad Anzio; al ritorno a casa, insieme all'amico Bill, si tuffa nel mondo del noir, come si sarebbe detto poi, un mondo che all'epoca, e da quelle parti, se uno era abbastanza in gamba e prolifico, poteva fornire di che campare degnamente. Raymond Chandler aveva già dato ai lettori i suoi impagabili "Il Grande sonno" e "Addio mia amata", dal primo la Paramount aveva già ricavato un film, chiamando l'autore per la sceneggiatura. E i nostri due autori succhiavano ancora caramelle quando il grande Hammet scriveva "Piombo e sangue" e "il Falcone maltese". Di queste letture, e di altre simili, i nostri si saranno certamente nutriti, quindi nelle loro storie il debito verso i due maestri senza dubbio c'è, e si sente. Ma Wade Miller (che d'ora in poi citeremo al singolare), se muove il suo ossuto personaggio in un ambiente senza dubbio hard boyled, non trascura, nello sviluppo della vicenda, gli stilemi della detection classica: logica stringente e meccanismo perfetto, ogni cosa al suo posto al momento dello scioglimento finale, come in un meccanismo a orologeria. Non si arriva mai alle forzature della funambolica Christie, ma di sicuro c'è un rispetto per lo scorrimento della trama che, nei maestri citati, spesso non è così evidente. Questo nuoce forse un po' al fascino "maledetto" della tipica storia hard boyled, ma tutto sommato Thursday, rispetto ai suoi due più celebri colleghi investigatori, risulta piacevolmente meno compiaciuto, e talvolta meno prevedibile.
In questa edizione degli Omnibus Mondadori troviamo quasi tutta la produzione di Miller dedicata a Max Thursday, cinque vicende (sulle sette scritte) con sempre una buona idea alla base e uno sviluppo accattivante. La scrittura è notevole, nonostante o grazie alla traduzione, non è certo "di genere" e non si abbassa mai a scimmiottare nomi più noti; questo, insieme alla capacità di rendere ben tangibile ogni personaggio, anche quello più marginale, e alla genialità di certe situazioni non indispensabili allo svolgimento della vicenda, come il sadico che tortura le piante grasse  - grasse come la moglie - o il tatuatore che ascolta per 50 anni un'incisione in cui la voce della cantante gli ricorda l'amata morta in un incendio (e il duro Max ha la delicatezza di non accendere la sigaretta in sua presenza), rende la lettura un piacere, almeno nel mio caso, inaspettato.
"Max Thursday investigatore" è un Omnibus del 1972, di 1106 pagine, tradotto da Alberto Tedeschi. Come per tutta questa collana della Mondadori la copertina rigida è telata, con immagine in quadricromia incollata sopra. Il disegno di copertina è del grande Pintér, artista geniale e visionario, che si occupa anche dei risguardi, nei quali un inevitabile nero si trasforma, nello spigolo superiore, in un cielo azzurro, che fa da sfondo a uno skyline di grattacieli.

Una copia disponibile, in ottime condizioni - Per ulteriori informazioni scrivetemi privatamente mrapuan@gmail.com

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