lunedì 21 aprile 2014
Il (parzialmente) dinamico duo
Ci fu un tempo in cui i libri erano oggetti costosi: il sistema di produzione (battitura testo, correzioni, rilegatura ecc) era più laborioso, e soprattutto chi collaborava alle varie fasi, dalla stesura del testo all'editing, veniva pagato degnamente (smail).
Perché un'opera arrivasse dall'Olivetti dell'autore alla libreria, passando per il piombo dei tipografi, occorreva così un bel po' di tempo. Il libro era quindi un prodotto, se non elitario, destinato a una parte relativamente ristretta della popolazione. Tra il '50 e il '60 del secolo scorso, con le edizioni tascabili, ci si propose di rendere la lettura più accessibile al grosso pubblico, e per trainare gli italiani verso il prodotto librario il mezzo migliore era la televisione; non che le cose siano cambiate molto, altrimenti non si spiegherebbe perché Vespa venda tutte quelle copie. Così sulle copertine dei libri, come Maigret ha il faccione di Cervi, Nero Wolfe mostra quello, sempre ben pasciuto, di Tino Buazzelli. Nell'Omnibus Mondadori di questo post, il corpulento, capriccioso, misogino e geniale investigatore newyorkese (di origine montenegrina), con le fattezze, appunto del bravo attore laziale, è disegnato da Karel Thole. L'olandese Thole, legato indissolubilmente alle copertine di Urania, si è occupato anche di vari Omnibus, perlopiù, ovviamente, di fantascienza, ma con qualche escursione nel poliziesco.
Ma veniamo a Wolfe. Quando Rex Stout ideò l'investigatore amante delle orchidee (e della buona cucina) e il suo dipendente-alter ego Archie Goodwin, era il 1934; periodo hard boyled, quindi, ma qui la parte del duro dinamico la fa il giovane e longilineo Archie, mentre il suo bizzoso capo si occupa, apparentemente quando ne ha voglia, di far lavorare il cervello secondo i canoni del giallo deduttivo. Di nuovo, come per il Wade Miller di Max Thursday, una commistione di generi nell'ambito della narrativa poliziesca, anche se qui la parte riservata all'indagine classica risulta forse predominante. Nulla o quasi, in sostanza del noir disperato in questi ambienti lussuosi, che si immaginano pervasi dall'aroma di fiori rari e, soprattutto, dai sapori della raffinata cucina del cuoco svizzero Brenner.
Wolfe, che è eufemistico definire di corporatura robusta, non si muove praticamente mai di casa, e vede il lavoro come un fastidio necessario per permettersi il suo più che dignitoso livello di vita. Goodwin, come il Watson di Holmes, è il narratore delle vicende, ma il suo contributo alla soluzione dei casi è spesso determinante e il suo spessore come personaggio notevole; in fin dei conti quella ideata da Stout è una coppia di investigatori, con quasi pari dignità.
Nell'Omnibus "Nella serra del crimine", del 1978, vediamo la coppia in azione in sei episodi, scritti tra il '39 e il '62; una panoramica, quindi, piuttosto esaustiva della produzione wolfiana (praticamente la sua unica) di Stout. Un dodicesimo nella parte iniziale del volume, opportunamente di colore verde, è una "Guida pratica alla coltivazione delle orchidee", con tanto di illustrazioni a tratto (riprese poi nei risguardi del libro). In copertina, un'enorme orchidea in primo piano viene osservata dal pensoso Buazzellli-Wolfe, che sembra quasi irradiato da una sua strana luminosità. Immagine semplice ma sottilmente inquietante, come ci si può aspettare da Thole.
Una copia disponibile, in ottime condizioni - Per ulteriori informazioni scrivetemi privatamente mrapuan@gmail.com
giovedì 17 aprile 2014
Max Thursday, un tipo difficile
Anche chi conosce ogni mossa dell'amaro Marlowe e del lesto Spade, spesso non sa granché di Max Thursday, ed è un peccato, perché il magro (ma con le spalle larghe, come viene puntualizzato quasi ad ogni inizio di racconto) investigatore privato, ficca il suo naso aquilino in storie molto intriganti, ben congegnate e con un'atmosfera, come vedremo, tutta particolare.
Max nasce dalle penne incrociate di due giallisti, Robert Wade e William (Bill) Miller, entrambi nati nel '20 del secolo scorso, che adottano il nom de plume di Wade Miller. Robert ha combattuto nella Seconda Guerra, ad Anzio; al ritorno a casa, insieme all'amico Bill, si tuffa nel mondo del noir, come si sarebbe detto poi, un mondo che all'epoca, e da quelle parti, se uno era abbastanza in gamba e prolifico, poteva fornire di che campare degnamente. Raymond Chandler aveva già dato ai lettori i suoi impagabili "Il Grande sonno" e "Addio mia amata", dal primo la Paramount aveva già ricavato un film, chiamando l'autore per la sceneggiatura. E i nostri due autori succhiavano ancora caramelle quando il grande Hammet scriveva "Piombo e sangue" e "il Falcone maltese". Di queste letture, e di altre simili, i nostri si saranno certamente nutriti, quindi nelle loro storie il debito verso i due maestri senza dubbio c'è, e si sente. Ma Wade Miller (che d'ora in poi citeremo al singolare), se muove il suo ossuto personaggio in un ambiente senza dubbio hard boyled, non trascura, nello sviluppo della vicenda, gli stilemi della detection classica: logica stringente e meccanismo perfetto, ogni cosa al suo posto al momento dello scioglimento finale, come in un meccanismo a orologeria. Non si arriva mai alle forzature della funambolica Christie, ma di sicuro c'è un rispetto per lo scorrimento della trama che, nei maestri citati, spesso non è così evidente. Questo nuoce forse un po' al fascino "maledetto" della tipica storia hard boyled, ma tutto sommato Thursday, rispetto ai suoi due più celebri colleghi investigatori, risulta piacevolmente meno compiaciuto, e talvolta meno prevedibile.
In questa edizione degli Omnibus Mondadori troviamo quasi tutta la produzione di Miller dedicata a Max Thursday, cinque vicende (sulle sette scritte) con sempre una buona idea alla base e uno sviluppo accattivante. La scrittura è notevole, nonostante o grazie alla traduzione, non è certo "di genere" e non si abbassa mai a scimmiottare nomi più noti; questo, insieme alla capacità di rendere ben tangibile ogni personaggio, anche quello più marginale, e alla genialità di certe situazioni non indispensabili allo svolgimento della vicenda, come il sadico che tortura le piante grasse - grasse come la moglie - o il tatuatore che ascolta per 50 anni un'incisione in cui la voce della cantante gli ricorda l'amata morta in un incendio (e il duro Max ha la delicatezza di non accendere la sigaretta in sua presenza), rende la lettura un piacere, almeno nel mio caso, inaspettato.
"Max Thursday investigatore" è un Omnibus del 1972, di 1106 pagine, tradotto da Alberto Tedeschi. Come per tutta questa collana della Mondadori la copertina rigida è telata, con immagine in quadricromia incollata sopra. Il disegno di copertina è del grande Pintér, artista geniale e visionario, che si occupa anche dei risguardi, nei quali un inevitabile nero si trasforma, nello spigolo superiore, in un cielo azzurro, che fa da sfondo a uno skyline di grattacieli.
Una copia disponibile, in ottime condizioni - Per ulteriori informazioni scrivetemi privatamente mrapuan@gmail.com
mercoledì 16 aprile 2014
Gli Omnibus di Pintér
Ho fatto cenno, nel commento all'Omnibus dedicato a Max Thursday, all'autore dell'illustrazione di copertina e dei risguardi: Ferenc Pintér. L'artista ha negli anni acquisito grande popolarità tra i lettori di gialli per le copertine dei Maigret; dopo l'olandese Sharff (autore del famoso "logo" Maigret dei primi anni '50), e dopo, per breve tempo, Mario Tempesti (entrambi grafici interni della Mondadori), è infatti Pintér a occuparsi della grafica della collana, caratterizzandola, come il suo predecessore, con la sua visione dell'attore Gino Cervi, che in quegli anni interpretava (ottimamente) il commissario sul piccolo schermo.
Dal '66 al '73 Pintér dipinge Maigret e le sue innumerevoli pipe, riconoscere le quali diventa un vero spasso per i lettori di gialli, che spesso, chissà perché, sono anche fumatori, e non raramente di pipa.
Sopra, la grafica di Sharff, Tempesti e Pintér per le copertine dei Maigret di Mondadori
Nel 2009 Little Nemo edizioni ha dedicato una pubblicazione al lavoro di Pintér per gli Omnibus; in queste copertine l'artista ha optato spesso per soluzioni grafiche piuttosto ardite, come nel caso dell'uomo "dagli occhi di pistola" del libro di Miller su Thursday. "Tutti gli Omnibus di Pintér", diviso per schede, è anche uno strumento per la conoscenza degli Omnibus, e non solo dal punto di vista grafico, un'utile guida per chi intenda collezionarli.
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